Dal 2013 UE ed USA stanno negoziando i contenuti di un trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP). Obiettivo è quello di integrare i […]
Dal 2013 UE ed USA stanno negoziando i contenuti di un trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP). Obiettivo è quello di integrare i due mercati, facilitare gli scambi, il flusso degli investimenti e l’accesso ai rispettivi servizi ed appalti pubblici.
Una delle aree di disaccordo fra Unione Europea e Stati Uniti riguarda le Indicazioni Geografiche (IG), protette nella UE come DOP, IGP, STG col Regolamento (UE) n.1151/2012. Negli USA la protezione di questi prodotti ha natura di proprietà privata e ricade nel regime generale dei marchi di certificazione stabiliti dal Lenham Act del 1946.
Gli operatori statunitensi ritengono che molte delle IG europee possano essere ottenute altrove, replicando tecniche e tecnologie produttive. Sostengono poi che denominazioni quali Asiago, Parmesan, Feta o Gouda, sono da tempo divenute dei nomi generici, che in alcuni casi sono anche stati registrati come marchi. Di conseguenza, un loro eventuale divieto d’uso avrebbe ripercussioni gravi per la produzione ed il commercio ed impedirebbe ai consumatori di trovare sufficienti quantità di tali formaggi, essendo la domanda superiore alla quantità prodotta nei Paesi d’origine. Questa posizione è sostenuta in particolare dal Consortium for Common Food Names (CCFN).
Sembra però che il clima stia cambiando, a causa di almeno cinque buone ragioni:
I negoziati TTIP possono portare ad una riduzione delle differenze commerciali fra le due grandi realtà atlantiche e gli USA potrebbero fare lo sforzo di superare l’ostacolo (per loro) delle Indicazioni Geografiche. Dipende però cosa ottengono in cambio. La logica latina del do ut des è sempre valida.
Fonte: Global Trade Magazine
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